12 - «Appunti Bepi Ferro»

GIUSEPPE “BEPI” FERRO

Nasce a Teolo (Padova) il 22 agosto 1940 da Alessandro Ferro e Vittoria Gomiero.
L’origine della famiglia è contadina, sbarca il lunario con stenti e sacrifici ma anche una forte dignità; il padre trova lavoro all’Italcementi come operaio nelle cave di trachite dei colli Euganei.
Nel 1946 la madre resta vedova, con sei figli (Giuseppe è il più piccolo) e senza alcun sostentamento.
La famiglia si divide: il fratello maggiore emigra in Svizzera, le due sorelle maggiori vanno a lavorare come domestiche in un famiglia nobile di Milano, la terza sorella decide di farsi suora, la madre va a lavare piatti in un ristorante e, non potendo custodire i due bambini più piccoli, li mette in collegio.
Bepi trascorre la sua infanzia tra Faenza, Monselice e Padova.
All’età di 13 anni, lascia il collegio di Padova anche se non ha terminato le medie; i frati che gestiscono il collegio lo mandano a fare pratica in officine esterne.
Il 5 maggio del 1955 viene assunto come apprendista tubista alle Officine Meccaniche della Stanga, nel vecchio stabilimento di via Turazza alla Stanga, allora di proprietà della SADE.
Bepi ricorda che il primo impatto con la realtà della fabbrica fu molto forte: oltre 1400 persone al lavoro, le facce degli operai scavate e abbruttite dalla fatica e dalle condizioni disumane del lavoro, la mensa aziendale gestita dalle suore che operavano alla Viscosa.
Suo fratello Umberto, che ormai gli fa da padre, gli compera una bicicletta (con grandi sacrifici) per andare al lavoro. Bepi è costretto a fare il percorso tra Teolo e Padova ogni mattina e sera.
In fabbrica c’è una presenza sindacale molto forte: Bepi ricorda che la Fim-Cisl aveva più iscritti, ma durante le votazioni della Commissione Interna i voti andavano in maggioranza alla Fiom-Cgil.
Sul finire del ’55 gli apprendisti organizzano una riunione tra loro e Giuseppe vi partecipa per rivendicare anche a loro il pagamento del cottimo. Dato che la Commissione Interna non si fa interprete della loro rivendicazione, gli apprendisti decidono di scioperare e solo allora la Commissione Interna ritorna sulle sue decisioni.
Nel ’56 Zanella, membro della Commissione Interna, convince Bepi ad iscriversi alla Fiom.
Nel ’57 lo sciopero dei 37 giorni contro i 250 licenziamenti chiesti dalla SADE segna profondamente Bepi; ecco come rammenta quel periodo: “Mi ricordo che mi facevano venir giù presto la mattina per andare in cerca di fondi per tutta Padova: sono andato al assanello in cerca di fagioli, pane, soldi; mi ricordo che quelli della Commissione Interna vevano organizzato un gruppo di lavoratori suddivisi su base territoriale che doveva ercorrere tutte le zone di Padova e Provincia alla ricerca di fondi. Avevamo previsto una otta molto dura; il nostro luogo di raduno erano la Chiesa di Ognissanti e la Chiesa della ace. Quando avevamo raccolto abbastanza fondi in natura e denaro venivano divisi fra utti con 1.500 lire ai capofamiglia e 750 lire agli apprendisti. Quando li portai a casa mia
madre mi disse che, anche se ne avevamo bisogno, dovevo lasciarli a chi aveva famiglia erché noi ci sapevamo arrangiare lo stesso. Così, alla fine, tutti gli apprendisti decisero di asciare i loro soldi ai capofamiglia”.12
Nei primi anni ’60 Bepi s’iscrive al PCI che frequenta sia nella sezione di fabbrica che in uella di Teolo; nel 1966 viene eletto nella Commissione Interna ed inizia a far parte della ita attiva del Sindacato e a partecipare alle prime trattative con l’azienda.
La fabbrica per Bepi diventa una sorta di università, nel sindacato e nel PCI trova persone che, come lui stesso afferma, “m’insegnano a prodigarmi per l’interesse della gente che lavora ma anche a rispettare l’avversario”; egli diviene, e resterà tale per i trent’anni successivi, persona di spicco sia nel sindacato che nella fabbrica (che nel frattempo cambia proprietà dalla SADE a Macola ed in seguito a Marchiorello): è protagonista nella lotta
contro il terrorismo e in quella per l’autonomia operaia., è dirigente convinto dell’esperienza unitaria della FLM, Federazione unitaria CGIL-CISL-UIL, e convinto assertore della partecipazione degli impiegati alla vita sindacale e dell’unità con gli operai.
Pur restando in fabbrica, alla testa del Consiglio di Fabbrica, entra nella segreteria della FIOM.
Il 26 ottobre 1974 si sposa con Fiorella Caldari con cui avrà due figli, Consuelo e Alessandro.
Nel ’90 viene eletto Presidente del Consiglio Direttivo della CdL di Padova, va in pensione il 31 luglio ’92 ma continua a lavorare per la FIOM e successivamente diventa dirigente del SPI padovano.
Il 18 maggio del 2000, dopo una lunga malattia, viene sconfitto dal mesotelioma (la quasi totalità dei casi rilevati di questo tumore è correlata all'esposizione alle fibre aerodisperse dell’amianto, con una latenza temporale particolarmente elevata di 15-45 anni e un decorso di 1-2 anni).
Il movimento operaio padovano perde così un dirigente tra i più amati.